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Precari, la legge beffa

L'irresponsabilità legislativa delle proroghe in materia di contratti di lavoro subordinato a tempo determinato negli Enti Locali ed istituzionali della Regione Siciliana. Quello che sta accadendo, nell'applicazione corrente di disposizioni legislative statali, ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. 1) della Costituzione, in materia di proroghe di contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, negli Enti Locali ed Istituzionali della Regione, è illegittimo.
Assistiamo, in applicazione del comma 215, dell'art. 1, della Legge 28 dicembre 2015 n. 208 (Legge di stabilità per l'anno 2016), unica disposizione normativa legittima, essendo la legislazione regionale una mera esecuzione della prima, a proroghe di contratti di lavoro a termine di un mese, due mesi, tré mesi, quattro mesi e di un anno. Assistiamo solo a stabilizzazioni a undici, dodici e sedici ore, di dipendenti precari appartenenti alle categorie A e  (vedi i bandi di selezioni pubbliche adottati da svariati Enti, che fanno riferimento al famoso elenco regionale di cui al comma 1, dell'art. 30, della Legge 28 gennaio 2014 n. 5, non formulato neanche secondo i criteri selettivi di cui all'art. 4, comma 8, del Decreto Legge 31 agosto 2013 n. 101, convcrtito con modificazioni, dalla Legge 30 ottobre 2013 n. 125, non pubblicato in GURS e caricato degli oltre 16500 dipendenti a tempo determinato, cancellati e decaduti dal regime transitorio dei LSU, ai sensi dell'art 3, comma 1, del Decreto Legislativo 28 febbraio 2000 n. 81, per aver sottoscritto un contratto di lavoro a tempo determinato superiore a 3 mesi, così come previsto dall'ari. 9, comma 2, dello stesso Decreto), mentre per i dipendenti precari di categoria C e D, che rappresentano il settanta per cento dei precari siciliani, nessuno degli Enti vuole applicare le Legge, solo perché bisogna fare i concorsi, creando di fatto una palese discriminazione tra la stessa tipologia di lavoratori. La è Addirittura si assumono soggetti, attingendo da un listato regionale non conforme alle disposizioni di cui all'art. 4, comma 8, del Decreto Legge 31 agosto 2013 n. 101, che ne stabilisce i criteri, piuttosto che procedere alle stabilizzazioni, secondo il regime ordinario oppure il regime speciale transitorio, disciplinato dalla legislazione statale vigente. La vergogna per gli Enti è quella di applicare una disposizione legislativa regionale incostituzionale, piuttosto che una legittima prevista dal Legislatore competente, cioè lo Stato. L'ennesima proroga nella Legge 28 dicembre 2015 n. 208, concessa dallo Stato italiano alla Regione Siciliana, in violazione alla Direttiva n. 70 del 1999, che disciplina il lavoro a tempo determinato negli Stati mèmbri dell'Unione europea (ovviamente Sicilia compresa), certifica l'abuso di Stato, nei confronti di dipendenti pubblici siciliani"strutturalmente" precari, ormai da 27 anni. < In Sicilia, il precariato nel settore pubblico, pur avendo raggiunto livelli di insostenibilità, vede il Governo regionale con la complicità di quello nazionale, immobile e privo di ogni iniziativa legislativa seria e strutturale. Tale comportamento tenuto in Sicilia, di "strutturalità" del fenomeno del precariato pubblico negli Enti Locali ed Istituzionali della Regione, una costante unica nel panorama legislativo europeo, se portato fuori dalle mura domestiche, potrebbe spingere la Commissione europea ad aprire una nuova procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano, m materia di applicazione della Direttiva n. 70 del 1999 che disciplina, il lavoro a tempo determinato. I .-.a Infatti, m Sicilia, è palese da parte degli Enti la violazione della clausola n. 4 (principio di non discriminazione)
, in quanto risultano esserci notevoli casi di trattamento sfavorevoli di dipendenti pubblici con contratto a tempo determinato e quindi precari, rispetto a quelli con contratto a tempo indeterminato, strutturati o di ruolo. Ai precari pubblici siciliani, vengono negati diversi istituti contrattuali, come per esempio permessi studio, per partecipare a concorsi ed esami, ponendo in essere una chiara e netta violazione del principio di non discriminazione. E' palese pure la violazione della clausola n. 5 (misure di prevenzione degli abusi), che bene si evince dalla inefficacia e inadeguatezza delle misure adottate dall'Italia per far fronte all'abuso di contratti di lavoro a tempo determinato per i dipendenti precari che abbiano superato i 36 mesi di servizio anche non continuativo presso la stessa Pubblica Amministrazione con mansioni equivalenti. tlì A tal proposito, bisogna informare, i dipendenti precari e gli Enti Locali ed Istituzionali della Regione che già il 25 ottobre 2012 la Commissione europea ha avviato nei confronti dell'Italia la procedura di infrazione n. 2010/2124, per la non corretta applicazione della Direttiva sul lavoro a tempo determinato nella scuola pubblica italiana. Uno dei rilievi avanzati dalla Commissione riguarda l'insufficiente efficacia delle misure destinate a contrastare l'utilizzo abusivo dei contratti a tempo determinato non solo nella scuola ma in tutto il pubblico impiego italiano. Il 20 novembre 2013 la Commissione ha inviato un parere motivato all'esito della procedura di infrazione n. 2010/2124, per il quale non ha ricevuto alcuna risposta dal Governo italiano (che vuole mantenere quanto più possibile dipendenti pubblici precari) in termini di modifiche normative che consentano di rimuovere la situazione interna di totale inadempimento alle clausole n. 4 e n. 5 dell'Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato per il pubblico impiego italiano. La stessa Commissione ha ammesso però, rispondendo all'interrogazione E-010721-14 presentata dall'europarlamentare M5S Ignazio Corrao, che la questione dell'efficacia e dell'adeguatezza delle misure adottate dall'Italia per far fronte all'abuso di contratti di lavoro a tempo determinato successivi nel settore pubblico, è oggetto di una procedura di infrazione. A maggio 2015 la Commissione europea con l'apertura dell'ulteriore procedura di infrazione n. 2014/4231, censura nuovamente lo Stato italiano della condotta tenuta nei confronti dei propri dipendenti pubblici precari e viene ancora una volta censúrate l'annoso problema dell'assenza di una sanzione che rispetti i canoni di adeguatezza, effettività, proporzionalità e dissuasività, come richiesto dalla Corte di giustizia, nelle sentenze di condanna dello Stato italiano. In Italia, ancora anche dopo la Sentenza Mascólo del 26 novembre 2014, gran parte dei giudici del lavoro continuano a negare disapplicando la legislazione europea a vantaggio di quelÌn interna censurata, la riqualificazione del rapporto di lavoro da determinato a indeterminato, in applicazione dell'art. 5, comma 4 bis, del Decreto Legislativo 6 settembre 2001 n. 368, stante il divieto, a loro dire, posto dall'ari. 36, del Decreto Legislativo 30 marzo 2001 n. 165. I giudici italiani, per fortuna dello Stato italiano non tutti, nel negare la conversione del contratto da determinato a indeterminato, una volta superati i 36 mesi, non prendono neanche in considerazione quanto statuito dalla Corte di Cassazione al punto 3.1 della sentenza del 23 dicembre 2014 n. 27363, la quale con un obiter dictum (cose dette incidentalmente) chiarisce che in base all'Ordinanza Papalia del 3 . dicembre 2013, l'unica sanzione adeguata nel pubblico impiego è l'art. 5, comma 4 bis, del Decreto Legislativo 6 settembre 2001 n. 368, con la trasformazione a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro a termine successivi, anche non continuativi, una volta superati i 36 mesi con lo stesso datore di lavoro. < Questa resistenza nell'uniformarsi alla giurisprudenza comunitaria da parte della Magistratura del lavoro ha portato all'attiva
zione di ricorsi seriali molto dannosi per lo Stato italiano, presso il Tribunale civile di Roma, per flagrante violazione del diritto comunitario, con richiesta di risarcimento danni informa specifica e trasformazione del contratto da determinato a indeterminato, secondo quanto stabilito dalla sentenza Francovich, della Corte di giustizia del 19 novembre 1991, dove al punto 37 afferma che "da tutto quanto precede risulta che il diritto comunitario impone il principio secondo cui gli Stati mèmbri sono tenuti a risarcire i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario ad essi imputabili". Per quanto riguarda i dipendenti pubblici precari siciliani, che dopo tanti anni, hanno strutturato il precariato pubblico degli Enti Locali ed Istituzionali della Regione si possono segnalare pesantissime violazioni del diritto comunitario vigente in materia di lavoro a tempo determinato e di seguito sottolineato: 1. trattamento sfavorevole di dipendenti pubblici con contratto a tempo determinato rispetto a quelli con contratto a tempo indeterminato e di trattamento sfavore del personale a tempo indeterminato (dopo la Rinvii Nonostante le soluzioni più o meno "definitive" annunciate a Roma e a Palermo, non si è andati oltre una "proroghina" per gli oltre 22 mila precari degli enti locali siciliani. Ma alla fine anche quel nodo dovrà venire al pettine. Perché le proroghe non potranno essere infinite stabilizzazione) che, in passato, aveva contratti a tempo determinato rispetto al personale che sin dall'inizio ha avuto un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, entrambi fattispecie per le quali non vi sono giustificazioni obiettive; 2. i dipendenti pubblici con contratto a tempo determinato non si vedono conteggiati i periodi precedenti di lavoro con contratto a tempo determinato all'atto di determinare l'anzianità, la retribuzione, l'ammissibilità a congedi annuali retribuiti, i congedi di studio, i congedi per partecipare a concorsi ed esami, nonché i diritti a varie agevolazioni contrattuali; 3. i dipendenti pubblici con contratto a tempo determinato non fruiscono degli stessi percorsi di carriera dei dipendenti strutturati e La storia .·'·'·. E'stata "assicurata" a circa 22mila precari degli Enti locali siciliani la proroga del contratto, ma per un solo anno grazie a una norma approvata in commissione alla Camera, proposta dai deputati Capodicasa (Pd) e Pagano(Ap)e riformulata dai relatori della Legge di Stabilità: nella norma non sono previste la proroga triennale (ma come detto un solo anno di contratto) e l'agenzia StatoRegione per la stabilizzazione che era stata prevista dal sottosegretario Faraone e bocciata dal governatore Crocetta. E' stata messa da parte anche la norma che concedeva ai Comuni in dissesto una deroga per l'utilfcno dei precari di ruolo. Per le suesposte violazioni del diritto comunitario, lo Stato italiano coadiuvato degnamente dalla Regione Siciliana, la quale ha stimolato e strutturato il precariato pubblico in Sicilia per 27 anni, presto potrebbe essere chiamato a renderne conto, su espressa richiesta dei dipendenti pubblici precari siciliani abbondantemente abusati, dinanzi alla Corte di Giustizia dell'Unione europea, per imporre allo Stato italiano stesso tutte le iniziative legislative più urgenti, tese a superare il fenomeno del precariato pubblico siciliano.

Gaetano Aiello
esperto tematiche del lavoro e precariato pubblico in Sicilia

Fonte: Centonove

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