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Risorge il Museo di Storia Patria grazie all'utilizzo di otto ASU Regionali

Sedici gennaio 2013-23 febbraio 2016. Tre anni e spiccioli con il portone sbarrato, i saloni deserti, il chiostro immerso nel silenzio, con il solo sibilo di preghiera di sei padri domenicani, residenti nelle stanzette dell’ala est, finestre occhiute che si affacciano sullo splendido giardino interno. E poi nulla. Tre anni di chiusura, fino ad oggi: la Società di Storia Patria di Palermo, nata nel 1863 in casa dello studioso Agostino Gallo, e poi costretta a continui traslochi, fino alla sede attuale, nel convento di piazza San Domenico, in coabitazione con i frati, riapre le porte.
Con la biblioteca e il museo del Risorgimento; la sala dedicata allo storico e attivissimo presidente della Società, Massimo Ganci, studioso eclettico e deputato regionale; il salone «Michele Amari», la sala delle conferenze «Luigi Di Maggio» e altri anfratti nascosti tra porticine e sottoscala, magazzini e locali tappezzati di volumi. Riapre con un piccolo, ma provvidenziale intervento: non i fondi regionali di decine di migliaia di euro che foraggiavano la Società quando godeva di una legge ad hoc come istituzione culturale di prestigio. F. neanche quelli spremuti fino all’osso dell’ineffabile tabella H, un calderone di contributi a pioggia per associazioni culturali, e non solo, di vario peso specifico, ma pure per la promozione del maialino nero dei Nebrodi. Riapre con otto persone, e due in arrivo, dipendenti Asu (ovvero ex Lsu) della Regione, che  grazie ad un emendamento alla Finanziaria sono stati dislocati per svolgere mansioni di custodia e vigilanza su oltre mille metri quadrati di spazi, 5 ore al giorno per 4 giorni, 578 euro al mese. Quattro persone erano state licenziate nel 2013, una il bibliotecario Francesco Lopes è stato riassunto per accogliere i frequentatori della sala di lettura «Pitrè», al piano terra, e gestire il fondo manoscritti Fitalia e i fondi archivistici Lodi, Cottù, Ragusa Moleti, La Mantia, Serradifalco, i fondi librari Torremuzza, De Stefano, Lodi, La Mantia.
Ieri mattina, il presidente del Consiglio di amministrazione, Gianni Puglisi, con l’assessore regionale ai Beni culturali, Carlo Vermiglio, ha inaugurato il nuovo corso, «una vittoria straordinaria, dopo la dolorosa decisione di chiudere». Puglisi, nel frattempo, non ha mollato. E oggi i cento soci dell’istituto  erano 200 prima della lunga pausa  gli riconoscono il merito di essersi battuto con tenacia e con le note abilità relazionali per sciogliere l’onta di un declino forse temporaneo, ma certo immeritato. I soldi? Per adesso le spese del personale lo zoccolo duro del budget sono a carico di Palazzo d’Orleans. Il resto verrà, si dicono in tanti. Con le quote dei soci (200 euro l’anno e 500 come «tassa» una tantum), con il ticket d’ingresso al museo, 4 euro a cranio, anche per le scolaresche. E poi la Fondazione Sicilia, ex Banco di Sicilia, presieduta dallo stesso Puglisi dal 2005, potrà forse spera qualcuno metterci del suo. È la teoria dei vasi comunicanti. Vecchia come il mondo. Intanto dal lunedì al venerdì, dalle 8.30 alle 13 ma in futuro c’è l’intenzione di aprire anche nel pomeriggio, a giorni alterni la Società di Storia Patria è di nuovo un luogo della città. A cominciare dalla Biblioteca, 120mila volumi solo quelli schedati, di cui il 50% in rete, nel Siste¬ma bibliotecario nazionale e in quello regionale.
«Impossibile stabilire quale sia l’opera più importante  dice Lopes Abbiamo incunaboli del ‘400 e tutta la collezione del Mongitore, compreso uno dei volumi che era stato trafugato nel 2008 e che uno dei soci ci ha donato dalla sua biblioteca». Tra gli scaffali, anche il falso tardo-settecentesco dell’abbate Velia, che ha ispirato Sciascia con i suoi fumi di ottuse manipolazioni e millantato credito, e centinaia di diari di viaggio di intellettuali stranieri sbarcati in Sicilia.
E poi c’è il Museo: tanto di prezioso, curioso, unico, emblematico, è esposto nelle sale rosse, ma tanto è custodito, facendo di necessità virtù, nel grande magazzino attiguo, con l’auspicio di poter trovare spazio e risorse per portarlo alla luce e alla fruizione del pubblico. «Riapriamo con timidezza», dice il segretario generale del Cda e storico, Salvatore Savoia. E da una porticina laterale conduce in un deposito illuminato a giorno: «Qui conserviamo lo studio originale di Francesco Crispi, la libreria, la scrivania e lo scranno che aveva al Parlamento subalpino di Torino, a Palazzo Carignano. Ce li ha donati la figlia Ida Marianna». Ma è soprattutto l'eroe dei Due Mondi, a vellicare fantasie e aneddoti, un po' pirata, un po' condottiero, sicuramente sciupafemmine: «Abbiamo l’unica foto esistente di Anita  racconta Savoia, indicando lo sguardo di brace di una mite, ignara signora con la crocchia . E naturalmente tanti oggetti appartenuti a Garibaldi, dal celebre poncho alle pantofole che ricamarono per lui le palermitane nel 1882, durante la sua ultima visita in città, poco prima che morisse». In quel viaggio salì sul treno con le stampelle, catapultato in carrozza da una poltrona damascata provvista di paranco, prototipo di una sedia a rotelle. La pistola di Alexandre Dumas padre, donata al principe di Fitalia, è custodita in una teca: «Lo scrittore  racconta Puglisi  era uno stupendo cialtrone. Diceva di aver combattuto con i Mille, ma in realtà se ne stava comodo a bordo di uno yacht, con la sua amante inglese». La saletta in fondo è lo studiolo del poeta Giovanni Meli, esponente «irregolare» della scuola letteraria dell'Arcadia e compositore in lingua siciliana, «che  ricorda Pasquale Hamel, direttore del Museo e componente del Gomitato scientifico  è stato anche una figura di primo piano nella vita politica dell’isola, autonomista convinto negli anni del tramonto dell’astro napoleonico». «Sono rimasto colpito da questa struttura, che riapre grazie alla sinergia tra enti, per valorizzare al meglio l’identità siciliana», ha dichiarato Vermiglio, lì tra lo scaramantico e il messianico, saggiamente provvisto di amuleto in tasca, parla di «congiuntura astrale favorevole per i beni culturali nell'isola, nonostante la crisi», citando il Villino Favaloro, a Palermo, e Villa De Pasquale, nel messinese, di prossima apertura, ma anche il Villino Florio e Villa Ciampoli, già riaperti. «Ci siamo di nuovo, ma adesso dobbiamo pensare a svecchiare questa istituzione, a renderla vivace e moderna», sottolinea Claudio Paterna, dirigente del laboratorio di Restauro di Palazzo Abatellis, socio della Storia Patria e coordinatore del personale, mentre mostra la grande bandiera sottovetro restaurata, che sventolava sulla nave «Lombardo», una delle due imbarcazioni della spedizione garibaldina. Nella sala Ganci ci sono tutte le foto delle valorose giubbe rosse. Ma i più valorosi, forse, sono loro, gli otto dipendenti che hanno preso servizio ieri. Hanno due mesi di stipendio arretrato e 19 anni di lavoro precario alle spalle per la Regione. «Ma questo è un posto bellissimo  dicono  Faremo del nostro meglio per mandarlo avanti»

Fonte: gds

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