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Precari, l'Unione europea vuole risarcimenti maggiori per i contratti a termine nella Pa italiana reiterati oltre i 36 mesi

E’ nota la posizione della Corte di Cassazione che con sentenza a Sezione Unite del 15 marzo 2016 n. 5072,  ha sancito, in base alle norme dell’Unione europea, l’impossibilità di reiterare i contratti a termine oltre i 36 mesi per i precari del pubblico impiego.

Infatti, al riguardo, la Corte di Cassazione ha stabilito che il dipendente pubblico, vittima di un’abusiva reiterazione di contratti a termine, ha diritto ad un risarcimento del danno da quantificarsi tra le 2,5 e le 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, ai sensi dell’art. 32, comma 5, della Legge 12 novembre 2010 n. 183, così come previsto nel privato, anche se in aggiunta alla costituzione a tempo indeterminato  del rapporto di lavoro a termine, oltre i 36 mesi (Collegato lavoro) .
Ma arriva una correzione, da parte della Corte di giustizia dell’Unione europea, per cui il rimedio elaborato dalla Corte di Cassazione sarebbe inadeguato: detto risarcimento forfettario potrebbe rivelarsi del tutto insufficiente, in quanto sproporzionato a fronte dei danni effettivamente subiti dal personale precario.
A tal proposito c’è stata un’udienza a Lussemburgo lo scorso 13 luglio, in cui si è parlato proprio del precariato siciliano e dei dipendenti pubblici.
La questione riguardava una lavoratrice dipendente di un’Amministrazione comunale (Comune di Valderice) ma quello che importa, è che le linee tracciate prima dal Tribunale di Trapani a cui si era rivolta la dipendente precaria, poi dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, sono comuni a tutto il pubblico impiego degli Enti locali della Regione Siciliana e a quello italiano.
I giudici dell’Unione europea hanno pertanto manifestato forti perplessità sul limite dei 12 mesi quale ristoro nei confronti di lavoratori del pubblico impiego che, invece, hanno visto calpestati i propri diritti per molti (troppi) anni.
La Commissione europea, infatti, si legge ancora  ha osservato che l’attuale situazione di precariato che caratterizza il pubblico impiego in Italia è in evidente contrasto con i principi di proporzionalità e di equivalenza di matrice europea e, a fronte di tali illegittimità, l’indennità forfettaria compresa tra 2,5 e 12 mensilità non sarebbe affatto una misura congrua, soprattutto se rapportata ai rimedi che, in situazioni analoghe, sono previsti nel rapporto di lavoro privato.
Detta indennità forfettaria, invero, dovrebbe essere considerata un punto di partenza e non un punto di arrivo se si vuole garantire una tutela adeguata e proporzionata al danno in concreto subito da questi lavoratori.
Non dimentichiamoci che per quanto riguarda il precariato pubblico siciliano i rapporti di lavoro a termine, a partire dai lavori socialmente utili fino ad arrivare ai rapporti di lavoro di natura subordinata a termine, per la copertura di posti vacanti nella struttura organizzativa degli Enti, ha avuto una durata che ha superato abbondantemente il limite massimo di 36 mesi, previsto dalla disciplina comunitaria vigente, in Italia rappresentata prima dal Decreto Legislativo 6 settembre 2001 n. 368 e oggi dal Decreto Legislativo 15 giugno 2015 n. 81.
Tralaltro, la legislazione siciliana, prevista dall’art. 77, comma 2, della Legge Regionale 28 dicembre 2004 n. 17, di disapplicazione della disciplina comunitaria e nazionale vigenti, ai contratti a termine stipulati ai sensi e per gli effetti dell’art 12, comma 6, della Legge Regionale 21 dicembre 1995 n. 85, degli artt. 4 e 8 della Legge Regionale  14 aprile 2006 n. 16 e dell’art. 25, comma 1 lett b) e lett. c) della Legge Regionale 29 dicembre 2003 n. 21, ai sensi degli artt. 11 e 117, della Costituzione, non potrebbe trovare applicazione in Sicilia.
La Regione Siciliana, può legiferare secundum legem e non certo contra legem. In materia di rapporti di lavoro precari e di stabilizzazione.
Si aprono delle  prospettive più luminose e allettanti per i precari della pubblica amministrazione siciliana e  italiana, sulla reiterazione illegittima dei loro contratti di lavoro subordinato  a termine nella Pa, dopo 36 mesi .
Adesso quindi, il risarcimento potrebbe aumentare in modo considerevole (si parla di cifre sino a 50.000 – 60.000 € per ogni precario), generando una pesante zavorra per il bilancio degli Enti Locali ed Istituzionali siciliani della Regione e comunque del bilancio pubblico, ove i dipendenti precari decidessero di attivare la tutela effettiva del contenzioso del lavoro, contro gli abusi subiti negli anni.
Pertanto, la soluzione più vantaggiosa per i precari siciliani e la Regione  e lo Stato, forse sarebbe la stabilizzazione dei primi, dopo il superamento dei 36 mesi, prima di affossare le casse pubbliche.

Dott. Gaetano Aiello

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