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Posto fisso solo con il concorso. Gelate le speranze dei precari di essere stabilizzati

Pietra tombale sulle speranze di stabilizzazione dei precari ultratriennalisti della pubblica amministrazione. Scuola compresa. E’ l’effetto di una pronuncia delle Sezioni unite della Corte di cassazione emessa il 15 marzo scorso (5072). Che vanifica definitivamente le aspettative di decine di migliaia di lavoratori precari che hanno prestato servizio con contratti a termine nella pubblica amministrazione per oltre 36 mesi: solo nella scuola sono almeno 50mila. Secondo il gotha della Suprema corte, le azioni volte alla stabilizzazione sono tutte infondate. Perché nella pubblica amministrazione si accede per concorso.
E dunque, anche se si viene assunti con contratti a termine reiterati oltre i 36 mesi, non è possibile applicare la normativa privatistica che prevede la conversione del contratto.
Le Sezioni unite hanno argomentato la pronuncia ricostruendo tutta la normativa e la giurisprudenza su questa annosa questione. Ed hanno concluso affermando il diritto al solo risarcimento del danno, tramite la corresponsione di una somma di denaro compresa tra l’equivalente di un minimo di 2,5 mensilità di retribuzione fino a un massimo di 12. Ma ciò vale solo per i precari ultra-triennalisti che abbiano cumulato contratti a termine in pubbliche amministrazione diverse dalla scuola. «Per il precariato dei docenti della scuola pubblica, per il quale trova applicazione una disciplina ulteriormente speciale», si legge nella sentenza delle Sezioni Unite, già nel 2012, la sezione lavoro della Suprema Corte, con la sentenza 10127, ha spiegato che il cumulo degli incarichi di supplenza «è il veicolo attraverso il quale l’incaricato si assicura l’assunzione a tempo indeterminato in quanto, man mano che gli vengono assegnati detti incarichi, la sua collocazione in graduatoria avanza e, quindi, gli permette l’incremento del punteggio cui correlata l’immissione in ruolo».
Di qui l’inesistenza del diritto al risarcimento del danno da reiterazione. Danno che non sussisterebbe proprio per effetto della corresponsione del punteggio, che consente al docente precario di aumentare progressivamente le chances di trovare occupazione. Non così, invece, per i precari delle altre amministrazioni che, per effetto della reiterazione, subirebbero una danno da perdita di chance dovuto alla preclusione della possibilità di trovare un altro lavoro anche più vantaggioso, durante il periodo di illecita reiterazione del contratto. Le Sezioni, inoltre, hanno ritenuto di dichiarare il diritto al risarcimento in via presuntiva. In caso contrario, il lavoratore ultratriennalista, in sede di giudizio si sarebbe trovato in grave difficoltà.
Il danno da perdita di chances, infatti, è particolarmente diffìcile da dimostrare. Il datore di lavoro avrebbe avuto gioco facile ad a fare abuso di contratti a termine, forte di una sostanziale impunità. Fin qui le considerazione delle Sezioni unite. Resta da vedere quale sarà il quadro normativo ad esito della imminente pronuncia della Corte costituzionale sulla norma che consente la reiterazione senza limite delle supplenze annuali (fino al 31 agosto). La Consulta dovrebbe emettere la sentenza il 17 maggio prossimo. E l’esito sembrerebbe scontato. Il giudice delle leggi, infatti, ha già incassato una pronuncia della Corte di giustizia europea (Sentenza del 26 novembre 2014 nelle cause riunite C-22/13, C-61/13, C-62/13, C-63/13, C-418/13). Con tale pronuncia la Corte del Lussemburgo ha stabilito che la legge 124/99 è incompatibile con la normativa comunitaria nella parte in cui consente la reiterazione delle supplenze annuali senza prevedere tempi certi per l’indizione e l’espletamento dei concorsi a cattedra. E ciò ricalca esattamente l’indirizzo contenuto nell’ordinanza di rimessione firmata dall’attuale presidente della repubblica, Sergio Mattarella, all’epoca dei fatti, giudice costituzionale. Probabilmente, la Consulta si esprimerà con una cosiddetta sentenza additiva, con la quale dichiarerà incostituzionale la legge 124 solo nella parte in cui non prevede tempi certi per i concorsi, consentendo il ricorso alla reiterazione anche sui posti vacanti. Ponendo in relazione le varie posizioni assunte dalle magistrature superiori, dunque, è possibile trarre alcune conclusioni. La prima è che i docenti precari, anche se collezionano supplenze oltre i 36 mesi, non hanno titolo alla conversione del contratto a tempo indeterminato. La seconda è che la reiterazione dei contratti a termine oltre i 36 non dà titolo nemmeno a un risarcimento in denaro. Oltre tutto, se la reiterazione avviene cumulando supplenze brevi o fino al 30 giugno, è considerata legittima. Non così, invece, se il superamento dei 36 mesi avviene cumulando supplenze annuali (fino al 31 agosto): è illegittima, ma in ogni caso non dà titolo al risarcimento in denaro.

Fonte: italiaoggi.it

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